FRONT ROW
a cura di Antonio Lilliu

CLASS DETECTOR: diamanti e tacchi alti.
Se la trasformazione del sistema di valori nelle moderne società occidentali non ha indotto, per il momento, De Beers a cambiare la sua USP “A DIAMOND IS FOREVER” (dimostrando quanto poco le statistiche sui tassi di divorzio influenzino la metafisica del Brand-Marketing) lo ha comunque indotto negli ultimi anni a tagli massicci della produzione. La De Beers Consolidated Mines Ltd. fondata nel 1888, la quale controlla circa il 45% della produzione mondiale di diamanti ha adottato questa misura al fine di salvaguardarne il prezzo, considerato che la qualità dei diamanti africani è notoriamente la migliore.
Insomma se il valore estetico dei diamanti come bene voluttuario non viene scalfitto dalle misure restrittive o di compensazione di mercato, il suo valore psicologico ha però subito innegabili contraccolpi sia in termini d’investimento, sia in termini di simbolo di status e di auto-realizzazione per la donna moderna.
Una volta c’erano regole concrete per giudicare la classe di una donna come il valore “oggettivo” di un’esperienza. Il regalo di un diamante aveva un significato ben preciso e decretava conseguenze dalla portata personale, sociale ed economica. Il primo diamante, normalmente un anello di fidanzamento, confermava che aveva trovato l’amore, quello con l’A maiuscola, e che la felicità si profilava inesorabilmente all’orizzonte del matrimonio.
Regine e principesse ricevevano, per consuetudine, diamanti in occasione dei parti, solo se erano state capaci di assicurare una discendenza maschile …altrimenti dovevano fare in fretta a tentare la fortuna rimanendo di nuovo in cinta – e così che molte sovrane e nobildonne che dai ritratti sembrano obese, in realtà erano costantemente in cinta: i casi dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e di Anna di Bretagna erano tutt’altro che isolati. Il regalo di un diamante a una moglie senza una ragione apparente, poi, non faceva presagire niente di buono: normalmente serviva solo a fare tacere i sensi di colpa del marito, e comunque preludeva alla fine della comunione di affetti.
La DONNA DEL NUOVO MILLENNIO non ambisce a diamanti di questo genere. È la donna che ha il proprio destino in pugno, quella che non ha conseguito il MBA nei migliori college americani per finire a esercitare il ruolo di ambasciatrice e governante del proprio marito, che non si accontenta di sedurre, che non vuole arrivare dopo il proprio vestito. È una donna che sa quello che vuole e vuole quello che sa, che si definisce non tanto per quello che indossa, quanto per quello che non indosserebbe mai.
La donna contemporanea sa che per andare lontano, oltre a un cervello, sono importanti un bel paio di gambe. E allora è tutta questione di tacchi, e diciamolo chiaramente, è come in architettura tutta una questione di statica e di dinamica! Sono proprio i tacchi alti i “CLASS DETECTOR” della donna moderna! (devo confessare a questo punto che la classe per me è una forma mentale, che non ha niente a che vedere col conto in banca e le classi sociali).
Statica: da che mondo è mondo gli esseri umani si sono raramente accontentati del corpo umano così com’è, cercando di modificarlo secondo i diversi canoni culturali. Basta guardare le donne giraffa della Birmania, che aggiungono periodicamente anelli di ferro intorno al collo per allungarlo sino all’inverosimile, o ai reggiseni a punta degli anni 50 che portavano al paradosso la forma del seno femminile. I tacchi alti servono non tanto ad aggiungere statura (anche le parrucche del Rococò facevano sembrare piú alte!) ma ad allungare le gambe cambiando la proporzione naturale. L’effetto ottico di un tacco altissimo raggiunge il massimo con le gambe accavallate, oppure di fronte in piedi. Se, osservando la gamba da dietro o di profilo, il tacco è pari alla meta della distanza tra il ginocchio e la caviglia, allora l’effetto sarà quello di una Bunny di Playboy, da ferma, e di una papera quando cammina. I tacchi inoltre modificano la postura del corpo e scolpiscono la silhouette: portano il torso indietro per mantenere l’equilibrio, il petto in fuori, spianano la pancia e danno tono ai muscoli delle gambe, facendole sembrare più giovani e asciutte. Le gambe sono il punto forte del sex-appeal femminile nell’era moderna. Gli uomini si sono accorti che anche le donne avevano un paio di gambe da un centinaio d’anni, quando le gonne si sono alzate per non riabbassarsi più!
Dinamica: camminare bene sui tacchi richiede naturalmente molto esercizio, motivazione e forza di volontà per vincere la scarsa comodità. E comunque la nonchalance nel camminare sui tacchi è il risultato della capacità di scegliere l’altezza giusta, che varia da donna a donna. Non c’è niente di meno elegante o sexy nel vedere una donna che si muove sui tacchi come se camminasse sui tizzoni ardenti o come un equilibrista. A quel punto è meglio abbassare l’altezza. I tacchi modificano poi anche la comunicazione del corpo in movimento: ancheggi alla Titanic in avaria come faceva Marilyn Monroe, suggeriscono che una donna non sia del tutto sobria, oppure sofferente di una forma patologica di esibizionismo alla Kim Kardashian.
L’incedere è l’essenza della dinamica dei tacchi alti. Per capirlo basta guardare l’ultima scena del film “Angelo” (1937) di E. Lubitsch con Herbert Marshall, Melvyn Douglas e Marlene Dietrich. Lord Barker sorprende sua moglie in un tête-à-tête a Parigi con un altro uomo, Anthony, col quale Lady Barker aveva avuto un’avventura, così romantica da farle pensare di mettere fine ad un matrimonio un po’ in crisi.
Lord Barker mette dunque Angelo (il soprannome che Anthony ha dato alla donna) davanti ad un out-out: se lei rinuncerà per sempre a essere Angelo, lui dimenticherà l’infedeltà e non la trascurerà più. Per capire una scelta così difficile per un uomo, come quella di dimenticare l’infedeltà della moglie ammettendo la propria responsabilità, é sufficiente guardare attentamente l’ultima scena del film, quando Marlene Dietrich segue Lord Barker mentre lascia la casa, mettendo il braccio sotto quello di lui per suggellare la decisione di restare insieme.
Non è l’incedere di una star o di una regina, è quello di una dea, e alle dee si perdona molto. Tecnicamente quell’incedere non si poteva ottenere indossando un paio di ballerine.