FRONT ROW

a cura di Antonio Lilliu

Il "physique du rôle" del BUSINESS SUIT.

Il "physique du rôle" del BUSINESS SUIT.

A proposito del Business Suit da uomo il giornalismo di moda e il suo surrogato nell’epoca di Internet, il fashion blog, si dibattono tra un atteggiamento rigorosamente prescrittivo e una specie di Laissez-faire, che comunque non aiuta a sciogliere i dubbi di quanti nell’arena del mondo del lavoro non possono o non vogliono permettersi il lusso di essere considerati mal vestiti.

Per evitare i rischi di tale umiliazione il popolo maschile può contare oggi sul supporto di una vasta schiera di Style Advisors: da un lato abbiamo quindi tutti quei fashion Influencer che cercano di trovare proseliti rivangando le prescrizioni dell‘arte sartoriale su misura e dell’eleganza iper-classica, che di fatto non rispecchia più le esigenze di individualità e libertà dell’uomo contemporaneo. É evidente che si tratta di una corrente integralista, della quale fanno parte sarti di provincia e nostalgici che si sentono chiamati a mantenere vivo il culto di Cary Grant e Roger Moore, imbalsamati nei loro doppiopetto di fattura Hollywoodiana. Dall’altro troviamo tutta una schiera di enfant terrible della moda e della pubblicità che tentano la strada dello sperimentalismo per risuscitare brands appassite o arginare il crollo della carta patinata del fashion.

Nonostante i tentativi della moda di rendere l’abito sempre più confortevole e personalizzato, a livello psicologico il business suit costituisce per l’uomo moderno l’equivalente delle armature degli antichi cavalieri, con le quali “mutatis mutandis“ condivide molte caratteristiche, oltre alla funzione di base di “tenuta da combattimento“. Se la vera guerra si è spostata dai campi di battaglia al mondo degli affari non per questo è diventata meno cruenta: così l’abito come l’armatura svolge una funzione di protezione, riparando il corpo da colpi letali, e serve a impressionare il nemico, enfatizzando la prestanza del corpo. Come l’armatura è una divisa, personalizzata quanto basta da renderne identificabile l’appartenenza ad un esercito professionale se non più nazionale. Nonostante molta ambiguità ha ancora una funzione di rango e di status, come già ce l’aveva per i cavalieri romani che venivano reclutati nell’ambito del censo omonimo.

L’idea che ha costretto lo stile maschile nei limiti del Principe di Galles, Spina di pesce, gessati, un petto, doppiopetto, giacche a due o tre bottoni al massimo, non ha però niente a che vedere con il lusso appariscente che potevano assumere le armature medievali e rinascimentali: per rendersene conto basta visitare il salone delle armature del castello sforzesco di Milano o ammirare i ritratti sui campi di battaglia dell’imperatore Carlo V o del re di Francia Francesco I. Il rigore nell’abbigliamento maschile e la morale dell’understatement hanno inizio con la propagazione del principio di uguaglianza durante la rivoluzione francese, e con l‘apoteosi dell’etica puritana del lavoro durante la rivoluzione industriale.

La storia dell’abbigliamento maschile del ‘900 da Saville Raw ad Armani e Vivien Westwood rappresenta la riaffermazione dei valori di fantasia, versatilità e vanità dell’uomo, che la società gli aveva negato a partire dall‘800. E in fondo perché no? Se una sana vanità non ha impedito che Giulio Cesare, lo Zar Pietro I, Napoleone, Thomas Jefferson, Albrecht Dürer e Baudelaire diventassero grandi politici, artisti e scrittori, perché dovrebbe essere negata ad altri?

Dal momento che l’uomo contemporaneo ha riconquistato il coraggio della propria vanità sia nel vestire che nel culto del corpo, il business suit deve conferirgli il physique du rôle necessario per comunicare le doti di personalità e competenza, intelligenza sociale ed emozionale richieste da ogni interazione professionale. A questo proposito è bene tenere a mente poche regole fondamentali:

L’abito é architettura:La moda è architettura, è tutta questione di proporzioni “ l’aveva detto Coco Chanel e vale tanto per la moda femminile quanto per quella maschile. Dal momento che la confezione della giacca rappresenta la sfida più grande per l’arte sartoriale, il suo acquisto richiede molta attenzione. Indossare una giacca tagliata male fa sembrare incompetenti e ridicoli. Al momento dell’acquisto è necessario valutare attentamente i tre “key fitting points“ della sua vestibilità: le spalle, il collo e la vita. In termini di architettura le spalle della giacca non sono il tetto ma le fondamenta. Queste devono seguire la linea del corpo, migliorando il rapporto tra collo e spalle naturali dove è necessario: più le spalle della giacca formano un angolo retto con il collo, più questo sembra incassato con effetto Frankestein. Effetti over e under-size al punto vita, collo e giromanica ricordano l‘abbigliamento da clown, il che puó costiture uno svantaggio se non si lavora in campo pubblicitario o design.

L’asso nella manica: Un elemento stilistico fondamentale della giacca sono i due spacchi laterali sul fondo schiena. Questi sono un’eredità delle code delle redingote dell’ottocento in grado di conferire libertà di movimento nel cavalcare. Oggi questi spacchi hanno una funzione meramente estetica, conferendo dinamica al taglio e rendendo piú agevole mettere le mani nelle tasche dei pantaloni. Nel linguaggio del corpo avere una mano in tasca significa avere un asso nella manica, e anche se nel mondo degli affari non si chiede all’uomo di essere un baro, il fatto di avere una soluzione per ogni evenienza é una dote altamente apprezzata.

I pantaloni: Un atteggiamento pragmatico per affrontare il dilemma della loro lunghezza è sempre quello di lasciar decidere lo specchio. Una lunghezza un pó piú corta del normale puó aggiungere una nota di stile lasciando vedere una calza che sdramatizza l’abito.

L’importanza di non essere troppo seri: Per emergere dall’anonimato delle persone ben vestite dimostrando personalitá e stile ci vuole qualcosa di piú di abbinare la camicia giusta all’abito giusto. É quell‘atteggiamento ludico con la moda che fa scegliere “volutamente“ un dettaglio azzardato o perfino sbagliato, e fa preferire la sorpresa alla noia della previdibilitá.

É questa la filosofia dei sarti di Saville Raw a Londra, che da duecento anni rinnovano con successo il Business Suit di classe.

 

Torna indietro